“Siate aperti
e attivi,
e costruite
un rapporto,
non solo
commerciale,
con chi vi
rappresenterà.
Le opportunità
ci sono,
ma serve
una visione
più strategica
per educare
al vino”
di Filippo Magnani
Intervista
a Ningbo Mei,
digital
wine media
executive
Chi è?
Ningbo Mei è il fondatore di Festa,
una rivista online specializzata
in vini pregiati, ristoranti raffinati
e destinazioni gastronomiche.
Organizza regolarmente
cene di alta qualità, eventi di
degustazione, tour regionali su
misura. Inoltre, consiglia anche
le aziende vinicole sul marketing
dei social media cinesi.
Contributor per la Guida Michelin
di Shanghai, ha lavorato 5 anni
come direttore per un sito
leader di e-commerce di vino
online. Ningbo si è innamorato
del vino italiano quando era
studente in Borgogna. È invitato
ad Anteprime Toscana come
specialista della degustazione
dal 2013. Inoltre, copre le
degustazioni dei vini di Bordeaux,
Borgogna, Piemonte e Mosella.
Ha ricevuto un Mousquetaires
d’Armagnac per il suo contributo
nel promuovere l’Armagnac e la
gastronomia locale nel 2017.
Ha conseguito una laurea
in International Wine
& Spirits Trade presso
la Burgundy School of Business,
Francia. Attualmente ha base
a Shanghai.
La varietà dei vitigni e dei
territori del vostro bel Paese è
s o r p r e n d e nt e .
Un punto di forza che ha bisogno di essere presentato attraverso un programma strutturato che miri ad aumentare
la conoscenza e la cultura dei
cinesi verso l’Italia”. Esordisce
così Ningbo Mei, profondo conoscitore dei vini italiani e specializzato in digital wine media,
con cui vogliamo approfondire
l’andamento delle nostre bottiglie sul mercato cinese. Ningbo,
dopo aver ottenuto il diploma
in International Wine & Spirits Trade presso la School of
Business di Dijon, Borgogna, ha
lavorato come direttore editoriale presso www.vinehoo.com
il più importante sito di flash
sales e forum di wine blogger e
wine lover cinesi. Nello stesso
periodo ha iniziato a occuparsi
di gastronomia e ristorazione
a Shangai e oggi è contributor
della guida Michelin in questa
bellissima città. La sua ultima
avventura è iniziata due anni fa
con Festa, una rivista online incentrata su vino, gastronomia e
viaggi del gusto.
“Fino a poco tempo fa – continua – la Cina è stata soprattutto
un Paese dedito al commercio
e consumo di liquori (Baijiu).
Ad oggi il vino rappresenta
ancora una parte non rilevante del consumo nazionale di
alcol, ma è in forte aumento.
Due terzi dei vini consumati
sono prodotti in Cina, il resto
sono importati. La Francia è
senza dubbio leader nel mercato d’importazione con circa il
40%, seguita da Australia, Cile,
Spagna e al quinto posto si colloca l’Italia.
Se però consideriamo che ogni
anno, a seconda dell’andamento della vendemmia, l’Italia è
al 1°o al 2° posto nella classifica della produzione vinicola, i
vini italiani non sono così ben
posizionati sul mercato cinese. Dovete essere più dinamici e organizzati in città come
Pechino e Shanghai dove si
concentra la più alta quantità
di collezionisti e appassionati
di vino e dove la concorrenza è molto elevata. Tuttavia,
Guangzhou (4° città per importanza economica) e Chengdu
(5° città per importanza economica) saranno forse il prossimo grande mercato del vino
italiano in Cina”.
Qual è il fattore chiave
per l’acquisto di un vino
italiano in Cina?
Indubbiamente prezzo e marchio sono elementi distintivi.
I vini di fascia media (20-50
euro al consumatore) stanno
assumendo molta importanza qui da noi e i vini italiani
hanno prezzi generalmente
più alti rispetto a quelli cileni
e spagnoli, ma molto inferiori
rispetto ai francesi. In questo
segmento, dunque, l’Italia può
giocare un ruolo importante in
relazione alla grandissima varietà di prodotti con rapporto
qualità-prezzo molto elevato.
Piemonte, con Barolo e Barbaresco, e Toscana, con i suoi Supertuscan e il Brunello, sono le
regioni vinicole in assoluto più
famose per i cinesi. In termini però di volume, il Moscato
d’Asti è il vino italiano più popolare e conosciuto, si piazza
addirittura tra i primi posti,
leader nella categoria dei vini
frizzanti in Cina.
Quali sono le regioni
emergenti del vino italiano,
con focus specifici su brand, vitigni e territori del vostro Paese.
Ci sono a tuo parere esempi
di promozione innovativa
ed efficace, realizzata magari
da altri Paesi che l’Italia
potrebbe eventualmente
replicare?
Credo che l’Italia non abbia bisogno di replicare azioni di altri, deve giocare bene le proprie
carte e creare la propria immagine attorno alla sua cultura e
al suo stile di vita invidiabile e
inimitabile. Detto questo, negli
ultimi anni la Spagna ha sviluppato un’ottima campagna di
promozione. Tuttavia trovo che
Cile e Australia abbiano saputo
sfruttare al meglio le aperture
del nostro governo al mercato.
Entrambi hanno firmato ottimi
accordi commerciali, riducendo la loro tassa d’importazione
dal 14% a 0 (l’aliquota fiscale
combinata per il vino importato è del 48%, ndr). Sono riusciti
ad acquisire rapidamente quote di mercato pur non essendo
fortissimi sul marketing.
Cosa pensi in generale
della promozione dei vini
italiani nel tuo Paese?
Ci sono diversi enti dediti alla
promozione del vino italiano
in Cina, ma finora non c’è stato
un messaggio chiaro e univoco
che riferisca ai consumatori cinesi quale sia l’essenza e il valore distintivo dei vini italiani.
La maggior parte dei soggetti
opera in autonomia, fornendo
informazioni spesso poco collegate tra loro. Non esiste un’unica piattaforma che promuova
il vino italiano in Cina. Si consideri poi che più della metà
della popolazione cinese non
guarda la televisione, né legge
quotidianamente un giornale.
Il modo migliore per comunicare è online, tramite Internet
e i suoi molteplici canali. Purtroppo l’Italia manca di una
visione strategica per educare i
cinesi al suo vino.
Certo, esistono delle scuole di
vino private ma nessuna di
queste propone corsi ufficiali con focus specifici su brand, vitigni e territori del vostro Paese
Ci sono a tuo parere esempi
di promozione innovativa
ed efficace, realizzata magari
da altri Paesi che l’Italia
potrebbe eventualmente
replicare?
Credo che l’Italia non abbia bisogno di replicare azioni di altri, deve giocare bene le proprie
carte e creare la propria immagine attorno alla sua cultura e
al suo stile di vita invidiabile e
inimitabile. Detto questo, negli
ultimi anni la Spagna ha sviluppato un’ottima campagna di
promozione. Tuttavia trovo che
Cile e Australia abbiano saputo
sfruttare al meglio le aperture
del nostro governo al mercato.
Entrambi hanno firmato ottimi
accordi commerciali, riducendo la loro tassa d’importazione
dal 14% a 0 (l’aliquota fiscale
combinata per il vino importato è del 48%, ndr). Sono riusciti
ad acquisire rapidamente quote di mercato pur non essendo
fortissimi sul marketing.
Quali sono le ultime
tendenze in Cina in termini
di gusti e comportamenti
d’acquisto dei consumatori
rispetto al vino?
Le tendenze cambiano molto
rapidamente in Cina. Personalmente penso che sia prioritario portare avanti azioni
di educazione al vino, in modo
che i consumatori stessi siano
i primi a capire e comprendere.
E poi promuovere i wine tour.
Sempre più spesso vengono organizzati viaggi di clienti cinesi all’estero e l’Italia è tra le prime tre destinazioni prescelte
in Europa. Io stesso ho appena
organizzato un tour enologico
di 9 giorni in Italia con alcuni
miei lettori e clienti, siamo andati in Piemonte e in Toscana
per visitare alcuni produttori
rappresentativi e mangiare
nei migliori ristoranti locali, e
i miei clienti hanno veramente
apprezzato.
Qualche consiglio per una
cantina italiana che pensa
al mercato cinese?
Siate aperti e attivi, prevedete
un ufficio di rappresentanza in
Cina. Fondamentale è poi costruire un rapporto con chi vi
rappresenterà in Cina: mettete
in agenda un buon pranzo d’affari con questa persona-chiave,
fate amicizia, ascoltatela, cercate di capire come aiutarla a
crescere e a migliorare il suo
business. Curate poi bene le
fasi successive all’incontro per
sviluppare un solido rapporto
commerciale basato sulla stima e fiducia reciproca. Spesso
questo fattore in Cina fa la differenza!