Corea del Sud, è il momento di vini bianchi e spumanti , Intervista a Hong Dongmyung Italian Wine Ambassador- Corriere Vinicolo

di Filippo Magnani 

Prosecco
e Moscato sono
i due principali
driver.
Alto Adige,
Marche
e Campania
le regioni
emergenti.
Ma l’Italia deve
promuovere
i suoi marchi,
vitigni
e territori con
più incisività
e con una
visione
strategica

Columnist per
due importanti
riviste di settore come Wine
Review Korea
e Mashija Magazine Korea,
Hong Dongmyung è attualmente è responsabile acquisti presso VinoVino,
azienda d’importazione di vino
italiano con
sede a Seoul
( w w w.v in o v i n o .
c o . k r ) ,
p r o p r i e –
taria anche di un
ristorante e
di un’enoteca. Nel 2015 ha
ottenuto la certificazione di Italian Wine
Ambassador dopo aver frequentato la Vinitaly International Academy. Il suo è dunque un punto di osservazione
privilegiato sulla produzione
vinicola italiana e sulla percezione e apprezzamento che se
ne ha in Corea del Sud.

Hong, quale posizione
occupa il vino italiano
in Corea del Sud e quali
valutazioni puoi fare
in merito?
Dopo Francia e Cile, l’Italia
rappresenta il terzo produttore di vino in Corea in termini
di ricavi e volumi di vendita,
seguito dagli Usa. Se da questi
dati estrapoliamo le performance di Prosecco e Moscato,
i due principali driver, le vendite delle altre tipologie di vini
italiani sono di gran lunga
inferiori alle aspettative e alle
potenzialità. Tuttavia, il vostro
Paese sta acquisendo quote di
mercato importanti con i vini
frizzanti, gli sparkling ma anche i bianchi fermi. Negli ultimi 4-5 anni ho notato un
numero crescente di
vini di differenti
regioni italiane che sono
c o l l o c a t i
sul mercato attraverso vari
c a n a l i .
La varietà dei vini,
dei vitigni
e dei territori dell’Italia è
sorprendente. Aggiungerei anche un altro
fattore importante, la professionalità e la gentilezza dei
produttori e di tutte le persone
che lavorano nel campo del
vino nel vostro Paese.

Qual è il fattore chiave
per cui i consumatori
del tuo Paese acquistano
vini italiani?
In Corea del Sud i vini di fascia
media (15-30 euro) stanno assumendo molta importanza.
In questo comparto, certamente l’Italia sta giocando un ruolo importante in relazione alla
grandissima varietà di prodotti con rapporto qualità-prezzo
molto elevato. Ad esempio la
nostra società crede molto in
questo segmento di prezzo in
cui il vostro Paese sta diventando il leader. Dall’altro lato,
esiste una chiara difficoltà da
parte del consumatore ad associare i vini italiani a determinate regioni, pochissimi ne
parlano e quindi dovete fare di
più per promuovere le peculiarità dei vostri territori.

Ci puoi dare una breve
spiegazione su come è
organizzata la distribuzione
di vino e il sistema
di vendita del vino in Corea
del Sud?
In Corea il prezzo di vendita
del vino è molto elevato sulla
base degli alti costi di distribuzione e della tassazione sugli
alcolici. Così molti importatori coreani allacciano rapporti
commerciali direttamente con
le aziende vinicole, senza l’ausilio di intermediari / broker.
In generale, la distribuzione
off-trade registra il 70% sulle
vendite totali di vino nel nostro Paese, in questo settore
gli ipermercati restano i luoghi privilegiati dove acquistare vino (normalmente di
basso/ medio prezzo). Invece,
soprattutto nei centri urbani
più grandi, si trovano molte
enoteche/wine shop sia indipendenti che in franchising
che propongono una vasta
gamma di premium wine per
una clientela più ricercata. Il
mercato on-trade annovera
circa il 30% delle vendite di
vino. Le grandi catene di ristoranti e hotel normalmente si
approvvigionano direttamente presso gli importatori. Solo
i piccoli locali acquistano vino
attraverso un distributore/intermediario.

Cosa pensi
in generale
della
promozione
dei vini
italiani nel
tuo Paese?
L’ i m p o r t azione di vino
in Corea è
cresciuta in
modo esponenziale negli ultimi 10
anni. Da un lato ci sono i grandi supermercati dove si acquistano prevalentemente vini
entry-level (5-8 euro retail price): qui i brand aziendali contano tantissimo, l’Italia deve
promuovere i suoi grandi marchi con più incisività.
Dall’altro, i piccoli wine shop, i
r i s t o r a nt i ,
gli hotel
di lusso
dove il
vino è
c o n s i –
d e r a t o
un prodotto di
alta gamma, consumato da persone che devono
essere informate e
acculturate. In entrambi i casi
l’Italia manca di una visione
strategica per educare i coreani al vino. Sì, certo, esistono
delle scuole di vino private
ma nessuna di queste propone
corsi ufficiali con focus specifici su brand, vitigni e territori
del vostro Paese.

Secondo te, quali sono
le nuove regioni italiane con
il maggior potenziale
di produzione di vino?
Come ho già detto i vini bianchi italiani stanno assumendo
una connotazione molto importante in Corea, in particolare modo quelli di Alto Adige,
Marche e Campania.

Hai qualche consiglio
per le aziende italiane?
Il sistema Italia della promozione del vino deve essere
unito. Vi è un’enorme opportunità per promuovere i vini di
varie regioni e va sfruttata. La
percezione che abbiamo, noi
addetti ai lavori, è che l’Italia
sia incentrata troppo sull’individualismo. Dovete dare
un’immagine di
unità e concretezza.
Per la vendita e distrib u z i o n e
del vino
oltre a
S e o u l
e s i s t o –
no buone
possibilità
anche a Busan, seconda
città del Paese.
Qui proporrei un mix
tra vini italiani e cucina sud
coreana che si sposano benissimo insieme. A Busan ci sono
sempre più persone che amano
pranzare in locali specializzati
in pulgogi (carne di manzo alla
brace), bevendo vino: ecco che i
produttori italiani possono promuovere qui anche i vini rossi.

Filippo Magnani

Tuscany – Italy
T: +39 335 53 477 04
O: +39 0565 82 70 44
E: fm@filippomagnani.it

© Filippo Magnani

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